sabato 20 settembre 2014

NON LEGGETE QUESTO POST ...

Ai suoi studenti dell'Università di Berkeley, George Lakoff di tanto in tanto propone un esercizio: i ragazzi non devono pensare ad un elefante per tutta la durata della lezione. Naturalmente eseguire il compito diventa impossibile perché per non pensare ad un elefante bisogna prima pensarci e poi cercare di eliminare quel pensiero. 

Per inciso: non so perché ma questo esercizio viene sempre proposto, anche dai trainer più famosi, sempre con un elefante, a volte rosa o blu, a volte in pigiama.  ;-)


Io preferisco che proviate a dimenticare il numero  

237 

(duecentotrentasette)
quello della stanza rossa di The Shining. :-[




Il famoso paradosso del barbiere di Bertrand Russel funziona proprio grazie alla negazione: «In un villaggio vi è un solo barbiere, un uomo ben sbarbato, che rade tutti e soli gli uomini del villaggio che non si radono da soli. La domanda è: chi rade il barbiere?»
Johnny Depp e Helena Bonham Carter
In “Sweeney Todd -
Il diabolico barbiere di Fleet Street
Se il barbiere si radesse da solo, verrebbe contraddetta la premessa secondo cui il barbiere rade gli uomini che non si radono da soli. 
Se invece il barbiere non si radesse autonomamente, allora dovrebbe essere rasato dal barbiere, che però è lui stesso: in entrambi i casi si cade in una contraddizione.

Anche se il paradosso non è tecnicamente perfetto (non diamo troppo peso adesso alle sottigliezze dei logici), possiamo notare come se non ci fosse il “non” nel linguaggio, la contraddizione non si potrebbe nemmeno creare. :-)

Molti scrittori si sono divertiti con l’uso di questa parte più paradossale della negazione, come ad esempio Lewis Carrol in Alice nel Paese delle Meraviglie. Humpty Dumpty racconta infatti ad Alice d'aver ricevuto la cravatta come dono in occasione di un suo non compleanno.


Borges nel 1969
Un'altra versione del paradosso che può interessare gli scrittori è quello della biblioteca infinita, protagonista del racconto La biblioteca di Babele di Jorge Luis Borges, contenuto nella raccolta Finzioni. Nel racconto si descrive una biblioteca infinita composta di sale esagonali, che raccoglie disordinatamente tutti i possibili libri di 410 pagine in cui si susseguono sequenze di caratteri senza ordine, in tutte le possibili combinazioni. In questa biblioteca sono presenti anche i volumi mai scritti su cose mai pensate, o mai esistite, e include, ancor più paradossalmente, anche il catalogo di tutti cataloghi che non includono sé stessi. La trance è assicurata 8-\


Altri scrittori hanno invece utilizzato la negazione in modo più drammatico attraverso la presupposizione che c’è sempre dietro una negazione: per negare qualcosa, quel qualcosa deve esistere. Se vi dico di non pensare ad un squalo in smoking che beve un aperitivo ballando, non potete fare a meno di pensarci, giusto? E abbiamo anche scoperto che non funziona solo con l'elefante, incredibile! :-). 

Nei prossimi post vedremo come gli scrittori abbiano una grandissima capacità di utilizzare le presupposizioni per far entrare il lettore in stati particolari, simili alla trance. Abbiamo già incontrato Niccolò Ammaniti in un post precedente. Il titolo del suo romanzo “Io non ho paura” è una meravigliosa esemplificazione dell’uso della negazione e della presupposizione per creare un'emozione specifica. 
Se dico che non ho paura significa che c’è qualcosa per cui potrei o dovrei aver paura. In che modo la sola lettura di questo titolo cambia il nostro stato emotivo? Pensiamo a quanto aiutiamo i nostri figli quando gli diciamo: «non aver paura!», oppure quando gli intimiamo di «non farci arrabbiare!» o di «non far del male al tuo fratellino!».
Adoro anche i dentisti quando premettono: «non aver paura, non ti farà male!» Ahahahahrg!!!!


Hemingway nel 1950
Ernest Hemingway da grande scrittore si è reso conto del potere della presupposizione che accompagna ogni negazione e lo ha dimostrato con un esempio da pelle d'oca. In un caffè, con gli amici scrittori, partì con una scommessa da 10 dollari: si può scrivere un racconto di solo sei parole? 

Hemingway vinse scrivendo sul retro di un tavogliolo il racconto seguente (traduzione mia):  

“Vendo scarpine da neonato: mai usate.”




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