domenica 27 gennaio 2013

SCOMMETTIAMO CHE INDOVINO COSA STAI FACENDO??

E un miracolo pensare che mentre i vostri occhi scorrono questo post la vostra mente riesca a tradurre in pensieri i segnali luminosi che vedete sullo schermo: la scrittura è una delle meravigliose invenzioni dell’uomo. Si pensa che un libro possa addirittura funzionare al contrario ed essere scritto in modo tale da leggere il pensiero.
Ma come, direte? Lo scrittore che legge nel pensiero di chi legge???


File:Cartas Zener.svg 

Divertitevi cinque secondi a fare questo giochino che girava su internet qualche tempo fa:

SCOMMETTIAMO CHE INDOVINO COSA STAI FACENDO??
1- Sei davanti allo schermo,
2- Stai leggendo queste cose stupide,
3- Stai pensando che questo è un giochetto scemo,
5- Non ti sei accorta/o che manca il punto 4,
6- Stai andando a controllare,
8- Eri troppo preoccupata/o a controllare che non ti sei accorto/a che manca il punto 7,
9- Stai andando a controllare,
10- Stai sorridendo.
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Le sei verità

1- Non puoi toccare tutti i denti con la lingua,
2- Ora tutti gli stupidi dopo aver letto la prima verità vanno a vedere se è vero,
3- La prima verità è falsa,
4- Ora stai sorridendo,
5- Metterai subito questo giochetto sul tuo sito per farlo leggere ad un'altro idiota,
7- Non hai notato che manca il punto 6,
8- Stai andando a controllare,
9- Ora stai sorridendo


Qualcuno potrebbe ora pensare che molti scrittori siano persone serie e che non ricorrano a simili trucchetti. Oppure possiamo aprire la porta e lasciar entrare il grande l’ospite del nostro post: ricalcare l’esperienza del lettore mentre sta vivendo l’esperienza stessa (ovviamente lontano dagli occhi curiosi dello scrittore). Un modo
molto efficace di creare relazione con chi sta leggendo

Un primo esempio è utilizzare nel romanzo o nel racconto qualcuno che legge e descrivendo l’esperienza di chi legge ricalchiamo esattamente quello che il lettore sta facendo. La connessione neurologica, o rapport, tra lettore e scrittore aumenta rapidamente.


Ne “La voce del violino” Montalbano dice a Guido Serravalle:

"…devo abbandonare i fatti concreti e inoltrarmi nella mente di un uomo, in quello che pensa. Un romanziere avrebbe la strada facilitata, ma io sono semplicemente un lettore di quelli che credo buoni libri. Mi perdoni la divagazione".
Ci sono moltissimi esempi di qualcuno che legge nei romanzi di Camilleri, Montalbano per primo legge spesso. Eppure il Montalbano della serie televisiva non mi ricordo che legga molto, è forse un caso? Secondo me no, in quel momento lo spettatore sta guardando la televisione e quindi non serve ricalcarne l’esperienza di lettore.
In “Cattedrale” (Traduzione di Riccardo Duranti, Edizioni Minimum Fax), Raymond Carver scrive:


Sarà che io la poesia non la capisco proprio. Devo ammettere che non è la prima cosa che prendo quando ho voglia di leggere un po’.” 
Cosa sta facendo in quel momento il lettore? Sta leggendo un racconto ovviamente, quello di Carver, e non sta leggendo una poesia. In questo modo Carver ricalca quello che stiamo facendo in quel momento e si mette dalla nostra stessa parte. Avevamo voglia di leggere un po’ e abbiamo preso un racconto. Potentissimo.

Si può fare di più. Leggete questo sorprendente brano di Italo Calvino, “La speculazione edilizia”:



“Alzare gli occhi dal libro (leggeva sempre, in treno) e ritrovare pezzo per pezzo il paesaggio - il muro, il fico, la noria, le canne, la scogliera - le cose viste da sempre di cui soltanto ora, per esserne stato lontano, s'accorgeva: questo era il modo in cui tutte le volte che vi tornava”
Notate come Calvino ricalchi sia la lettura sia quel movimento del corpo del tutto naturale che accade a tutti i noi: alzare gli occhi dal libro e guardare ciò che c’è intorno a noi, e nella maggior parte dei casi, trovare cose familiari come quelle descritte da Calvino. Praticamente in questo modo prende tutti e in un modo molto diretto e addirittura fisico. Geniale!

Un altro stupefacente esempio di ricalco della “fisiologia” del lettore lo troviamo in “Lolita”, di Vladimir Nabokov, nella traduzione di Giulia Arborio Mella (edizione Adelphi):

“Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.”

Avete provato anche voi a fare il movimento con la lingua?



driadema@gmail.com


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venerdì 25 gennaio 2013

IO SO CHE TU SAI CHE IO SO

I libri migliori sono proprio quelli che
dicono quel che già sappiamo.

(George Orwell)


Il primo metodo per entrare in rapport con il lettore è usato estensivamente dagli scrittori di ogni epoca e consiste nel descrivere situazioni della vita ordinaria delle persone. Vediamo un esempio dall’inizio di “Cecità” di José Saramago.
Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell'omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell'asfalto, non c'è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così. Gli automobilisti, impazienti, con il piede sul pedale della frizione, tenevano le macchine in tensione, avanzando, indietreggiando, come cavalli nervosi che sentissero arrivare nell'aria la frustata. [Traduzione di Rita Desti, Einaudi]

Il ricalco in questo caso equivale a dire al lettore qualcosa che già sa o di cui ha già esperienza, in questo modo lo scrittore comunica, indirettamente, che conosce il mondo del lettore e che ne ha un’esperienza del analoga, che viaggia sulla stessa lunghezza d’onda. Ci siamo capiti.

Un altro esempio può essere anche una descrizione di un paesaggio dai contorni familiari, esordio tipico di moltissimi romanzi:

La piccola città di Verrières può passare per una delle più graziose della Franca Contea. Le sue case bianche, dai tetti aguzzi di tegole rosse, si stendono sul pendio di una collina, le cui minime sinuosità son poste in evidenza da macchie di robusti castagni. Qualche centinaio di piedi sotto le sue fortificazioni, costruite un tempo dagli Spagnoli ed ora in rovina, scorre il Doubs. [Stendhal, Il rosso e il nero, traduzione di Diego Valeri, G. C. Sansoni]

O più recentemente dal Vicolo del mortaio di Naguib Mahfouz:

Il tramonto si annunciava e il Vicolo del Mortaio andava coprendosi di un velo bruno, reso ancora più cupo dalle ombre dei muri che lo cingevano da tre lati. Si apriva sulla Sanadiqiyya e poi saliva, in modo irregolare: una bottega, un caffè, un forno. Di fronte ancora una bottega, un bazar e subito la sua breve gloria terminava contro due case a ridosso, entrambe di tre piani. [traduzione di Paolo Branca - Feltrinelli]

Sono scene o paesaggi che contengono elementi che molti di noi possono aver visto e con qualche piccolo adattamento alla nostra esperienza riusciamo a relazionarci con quello che il lettore ci comunica.

Io ad esempio nel primo caso mi sono immaginato le strisce pedonali sotto il mio ufficio, nel secondo caso le colline abruzzesi, con antichi castelli in rovina, e nel terzo un paesino in Marocco che ho visitato un anno fa: Moulla Idriss.
Questa tipologia di ricalco può diventare anche molto specifica come potete leggere in questo esempio di Hornby:



ARSENAL-STOKE CITY

14.9.68
Mi innamorai del calcio come mi sarei poi innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore o allo sconvolgimento che avrebbe portato con sé. [Nick Hornby, Febbre a 90, traduzione di Federica Pedrotti e Laura Willis, Guanda]

Hornby ricalca un’esperienza molto più definita di quelle degli esempi precedenti e immediatamente entra in rapport con chi ama le donne e il calcio, ovvero una larghissima parte della popolazione maschile. Ovviamente cominciando in questo modo potrebbe precludersi una buona fetta di pubblico che invece non trova in questi argomenti una motivazione per continuare a leggere.

Il cliché è un eccesso di ricalco, cioè dico al lettore qualcosa che già sa ma che altri gli hanno già detto mille altre volte. Il famoso inizio: "Era una notte buia e tempestosa..." con cui Snoopy inizia i propri racconti.

Meglio scrivere di qualcosa che il lettore conosce ma a cui, per qualche ragione, non ha prestato un'attenzione particolare e che in più non è stata già usata all'eccesso.

E voi, mentre rileggete gli esempi di questo post con quale scrittore vi sentite ora più in rapport?



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