mercoledì 24 dicembre 2014

L'UOMO CHE SUSSURRAVA AGLI SCRITTORI

- In un indovinello sulla scacchiera, 
qual’è l’unica parola proibita?
Riflettei un momento e risposi:
- La parola scacchiera
(J.L. Borges, Il giardino dei sentieri che si biforcano)


Il romanzo "L’uomo che sussurrava ai cavalli", con più di 15 milioni di copie vendute, è sulla lista dei libri più acquistati di tutti i tempi.  

Si dice che Nicolas Evans venne immediatamente richiamato da un editore letteralmente impazzito dopo la lettura dei primi due capitoli. (Sì, due capitoli!!!).

Successivamente Robert Redford ne acquistò i diritti nel 1995 per più di 3 milioni di dollari e il film “L'uomo che sussurrava ai cavalli” uscì nel 1998, con lo stesso Redford nel ruolo di Tom Booker. 

Copertina del Romanzo
Perché assumersi tali rischi su un nuovo autore? Come sono scritti questi primi due capitoli e perché generano un’energia tale da essere sicuri che leggeremo tutto il libro o vedremo tutto il film?


Ci sono ovviamente diverse ragioni che stanno alla base del successo di un romanzo o di un film, ne che vedremo altre nei prossimi post, e una componente imprenscindibile è data dal modo in cui l’autore organizza il materiale del romanzo in quelli che abbiamo definito "cicli annidati" o "nested loops" e che abbiamo già incontrato nei due post precedenti.

Per mostrare come funzionano praticamente riassumiamo prima la storia in modo lineare e poi vediamo in che modo i loop o i cicli annidati riescano a dinamizzarla.

L’uomo che sussurrava ai cavalli

"Due amiche quattordicenni stanno cavalcando sulla prima neve dell’anno. I cavalli scivolano e vengono travolti da un camion. L'amica di Grace e il suo cavallo muoiono sul colpo, mentre lei perde una gamba e il suo cavallo Pilgrim riporta ferite gravissime che lo conducono ad una forma di pazzia animale. La madre di Grace, Annie, una donna fino ad allora assorbita dal proprio lavoro è determinata a risolvere il problema. Così cerca e trova Tom un uomo con la capacità di comunicare (sussurrare) all’animo di uomini e cavalli. Tom restituirà alla ragazzina segnata nel corpo e nel cuore la forza di guarire, e a una donna forte ma confusa il senso dimenticato della propria esistenza."

L’autore non racconta però la storia linearmente ma crea un sistema di cicli annidati che fa sì che noi giriamo una pagina dopo l’altra con interesse crescente.

Le prime aperture lasciate incomplete si vedono già nella prima frase del romanzo “Tutto era cominciato con la morte, e con la morte si sarebbe concluso. Ma se in quel mattino così infausto fosse stata proprio l’ombra fuggevole di un presagio ad attraversare i sogni della ragazzina e a svegliarla, lei non avrebbe mai saputo. Tutto ciò di cui si rese conto nell’aprire gli occhi fu che il mondo appariva in qualche modo diverso.” 

Buck Brannaman: l'Horse Whisperer 
che ha ispirato il personaggio di Tom Booker
In più, subito dopo questa prima frase, la nostra mente di lettori non può fare a meno di continuare col porsi alcune domande: cosa c’era di diverso quel mattino? Chi muore? Chi muore all'inizio e chi alla fine? Esprimendosi con il linguaggio abilmente vago che abbiamo studiato nei post precedenti l’autore non ci dice che cosa succederà, ci dice solo che la cosa sarà una questione di vita o di morte.

In più l'inizio non spiega affatto il titolo e così il titolo (ahimè tendenza di molti) diventa esso stesso un ciclo aperto. Ovvero la nostra mente inizia a girare: cosa significa sussurrare ai cavalli? Chi è quest'uomo?

In questo modo l'autore ha già creato quattro cicli che lascia aperti o che interrompe: il titolo, la morte all'inizio, la morte alla fine, e il mondo diverso al risveglio.

Ora siamo pronti ad ascoltare ma non è ancora sufficiente, anzi potremmo quasi essere pronti a mollare la presa se la storia non passasse a qualcosa di concreto. Abilmente vago sì, ma se lo scrittore è troppo vago il lettore si perde e lascia perdere. Vedremo come quest'alternanza tra vaghezza e concretezza è alla base dei grandissimi romanzi. E così, ma guarda che caso, l’autore comincia la prima storia, annidandola all'interno dei primi due cicli. Annidare significa semplicemente cominciare una storia quando l'altro ciclo non è ancora concluso: Grace e la sua amica  escono a fare una passeggiata a cavallo sulla prima neve dell'anno.

Evans ora scrive parlando di azioni, persone, animali e oggetti della vita reale e infatti utilizza una scrittura sensoriale creando e amplificando il rapport con il lettore, con le tecniche che abbiamo già visto nei capitoli precedenti (ricordate il post su Mogol? ).
Qualche esempio di VAKOG nel paragrafo immediatamente successivo: Il bagliore rosso della sveglia (V, Visivo), momento di alzarsi (K, cenestesico), rimase distesa (K), sollevare il capo (K), riflessi dei trofei d'equitazione (V), le gigantografie delle stelle del rock (V), si mise all'ascolto (A, Auditivo), il silenzio (A), rombo attutito della caldaia (A), cigolio del vecchio pavimento (A), scese dal letto (K), si avvicinò alla finestra (K). Notate come questo paragrafo sia  completamente diverso neurologicamente da quello che lo precede. Ma sarà sicuramente un caso.

E sarà anche un caso che piano piano Evans apra altri cicli e li interrompa. Ad esempio Grace che pensa a come  il rapporto tra i suoi genitori fosse un mistero per lei. E noi lettori: che mistero? Cosa c’era tra loro? Com’è connesso con la morte di cui si parla nel primo paragrafo? E con i cavalli?

Poi si comincia a "loopare" la madre senza rispondere alle domande precedenti. Madre sempre impegnata in eventi mondani, che lavora sempre e che quando viaggiavano in treno non guardava mai fuori dal finestrino (tra l'altro, una cosa che facciamo tutti, quindi è strana, un modo per creare antiricalco con lei e ricalco con la ragazzina; in più crea antiricalco tra la figlia, noi e la mamma con cui la figlia non è in rapport completo: questi scrittori sono MAGHI!) perché era sempre immersa nel suo lavoro anche in treno.

E mentre Evans si guarda bene dal finire la storia della passeggiata, ne inizia un'altra totalmente indipendente di un camionista che si deve mettere in viaggio sulla neve. Noi non sappiamo ancora niente della relazione tra le due storie (ciò voi lo sapete perché avete letto la trama, ma il lettore del romanzo non lo sa ancora). Perché leggiamo la storia del camionista? Perché abbiamo troppe cose in sospeso, ovvero tutti quei cicli che lo scrittore sta lasciando aperti, e quindi anche la nostra mente è aperta, vuole andare avanti per sapere come va a finire. Il camionista viene fermato dalla polizia perché ha un radar illegale, e così la sua storia continua.

Poi Evans ritorna a raccontare un'altra parte della prima storia aggiungendo intanto particolari degli altri cicli, per la ragione, secondo la mia modesta opinione, di rinforzarli nella nostra mente e di mantenerli attivi nella nostra neurologia.

La mamma dà ordini al padre, la mamma lavora anche nei weekend, a Grace piace tenere il papà tutto per sé nei fine settimana, quando la mamma non c’è. Tipo questo weekend.  

E poi ritorna al camionista e il suo camion che va verso la casa della ragazzina. 

Nella scena ci sono anche altre sottigliezze che aumentano la tensione dei cicli: il padre dormiva perché era ancora mattino presto e la mamma non era con loro. L'assenza della mamma e il sonno del padre sono situazioni molto potenti per generare ansia e attese.

Le ragazze sono ora sole nella neve con i cavalli.

In quel momento la nostra mente (e quella dell’editore che ha acquistato i diritti senza pensarci due volte) comincia a chiedersi una serie di cose: che famiglia è, e che relazioni ci sono tra i suoi componenti? Chi è il camionista, un uomo qualunque o c’è una relazione tra lui e la famiglia? E ognuno di voi si chiederà cose diverse e comincerà a fantasticare sui modi possibili in cui la storia può continuare.
Quando il camion arriva sulla stessa stradina dove Grace e la sua amica sono scivolate e non riescono a risalire la salita siamo al momento clou dell’energia, data proprio dalla tensione dei cicli aperti e dal fatto che cominciamo a desiderare di vederne qualcuno chiuso!

E infatti qui non ci possiamo più fermare nemmeno volendo, come il camion che cerca di frenare ma sulla neve ovviamente non ci riesce e così investe le due ragazze, e insieme a loro anche il nostro cuore si schianta.

Con lo scontro tre cicli si chiudono (il camionista, la gita a cavallo e la morte iniziale): la sua amica e il cavallo dell’amica muoiono nello schianto, Grace rimane in vita ma perde la gamba, il suo cavallo impazzisce dalle ferite riportate. In più comincia a rivelare qualcosa sul titolo: si parla effettivamente di cavalli anche se non sappiamo ancora nulla dell'uomo che sussurra. 

Staranzano (GO), Isola della Cona. 
Un'esperta natural horsewoman invita 
un cavallo Camargue ad avvicinarsi a lei
Notate che Evans, così come Shahrazade, aveva abilmente costruito nel frattempo altri cicli più profondi che lascia ancora aperti e che adesso vengono messi in moto con ancora più grande energia: come farà la famiglia adesso? In che modo la madre super lavoratrice si occuperà di lei? E il padre? Chi di loro morirà alla fine? Il cavallo sarà abbattuto dando così un dolore ulteriore a Grace, oppure potrà guarire? 

E cosa c’entra tutto questo con il titolo: l’uomo che sussurrava ai cavalli? Chi è quest'uomo?

Evans rilascia un po' della tensione psicologica chiudendo qualche loop. Questo sistema è utile sia per non farci diventare troppo impazienti (la chiusura di un ciclo ci dà una forma soddisfazione psicologica) sia per acquistare credibilità: il romanzo promette quello che mantiene quindi ci fidiamo e desideriamo continuare ad ascoltare il sussurro dell'autore.

C'è una ragione più profonda per cui tutti questi loop vengono creati. Non è solo per dare al lettore motivo di continuare, come potrebbe essere lo scopo di soap opera o di film che ci preparano ad un seguito. Questa è la ragione più superficiale, più ovvia.

Il motivo reale e che fa la differenza è quello di far sì che il messaggio dello scrittore venga ascoltato proprio quando il lettore è pronto a riceverlo e ad essere modificato dal messaggio stesso.

Questo è il centro principale del lavoro di Milton Erickson, che costruiva storie (la conoscete a proposito quella del cavallo?) fino a impegnare completamente la parte logica della mente, anzi a sovraccaricarla come descritto nel post Zeigarnik!, ricalcandone intanto il contesto, le preoccupazioni, le cose che considerano importanti (la mappa del loro mondo) finché passava in guida proponendo una nuova mappa (vedi il post La Mappa del Tesoro attraverso comandi ipnotici di possibilità, risorse disponibili, guarigione, futuri meravigliosi.

E questo secondo me è esattamente quello che sa fare con le parole un grande scrittore, saggista, regista, cantautore ed è la ragione per cui li ascoltiamo e li leggiamo.

Nel caso di Evans un bella frase come quella che sto per scrivere, che è un invito a vivere la vita in un certo modo, è molto più efficace se inserita in storie concentriche in modo che scivoli dentro di noi proprio quando siamo pronti a riceverla ed è per questo che la scelgo per auguravi Buon Natale:

"A volte quella che sembra una resa 
non lo è affatto. 
E' qualcosa che avviene 
nel profondo del nostro cuore. 
Significa vedere con chiarezza 
di cosa è fatta la vita, 
accettarla e viverla con coerenza, 
qualunque siano le conseguenze, 
perché il dolore che proveremmo 
decidendo di non viverla 
sarebbe molto, molto peggiore."


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