sabato 23 febbraio 2013

SI DIA FIATO ALLE TROMBE!!!

“Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.”
(Eugenio Montale, da Non Chiederci La Parola)


  La poesia di Montale a Leida (Olanda) 
(Non chiederci, Oude Rijn, angolo Pelikaanstraat).
In PNL ricordiamo spesso che un’esperienza vividamente immaginata può avere lo stesso effetto emotivo di un’esperienza realmente vissuta.
Gli scrittori si sono resi  conto di questo fenomeno spontaneamente, e non so perché non avevamo dubbi, e come molti esperti stanno confermando (ad esempio Brian Pasley dell'Università della California, a Berkeley) l'attività cerebrale che si genera in risposta a una frase ascoltata sia simile a quella che si genera quando semplicemente pensiamo a quella stessa frase o la leggiamo. Siccome è il suono che attiva i neuroni sensoriali, quanto più “suono” riusciamo a mettere nella nostra scrittura tanto più il lettore ne sarà coinvolto. Come realizzare tutto questo nella scrittura visto che i nostri lettori leggeranno le parole scritte, ma non le ascolteranno direttamente?

Quindi la sfida può essere convertita nel riuscire ad usare efficacemente le parole oltre che per il loro significato anche per il loro valore sonoro cosìche quando vengano lette interiormente esprimano una componente aggiuntiva che sostenga emotivamente il significato del nostro messaggio e renda l'esperienza del lettore più vivida e realistica.

Prima di continuare leggete ad alta voce questo immortale sonetto di Ugo Foscolo:
Alla sera

Forse perché della fatal quiete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.


Fabre: Ritratto di Ugo Foscolo, 1813
Dal punto di vista sonoro la poesia comincia con la dolcezza dei primi versi resa dall’uso di vocali dolci come la “e” e la “i”, ulteriormente addolcita dall’uso delle due vocali in dittonghi come “quiete, vieni, liete” e l’impiego della consonante liquida “elle”.
Poi prosegue suggerendo con le consonanti spiranti e sibilianti come la “esse”, la “zeta” e la “effe”, il soffio del vento “estive e i zeffiri sereni” fino a contrapporsi al rumoroso ruggito degli ultimi versi caratterizzati dalla presenza della consonante vibrante “erre”.
In particolare l’ultimo verso “quello spirto guerrier che entro mi rugge” che proprio grazie alla presenza dei tante erre risulta un verso fortemente aggressivo e molto più efficace nell’esprimere l’emotività del poeta.

Rileggete adesso il sonetto del Foscolo avendo in mente questi suoni e rileggete anche la citazione d’apertura e come la “storta sillaba e secca” venga comunicata sia con il significato delle parole che con la sonorità delle stesse.
Conoscendo molto bene la vibrazione della lettera “r” Torquato Tasso la usa ne La Gerusalemme Liberata canto IV, 3 per descrivere invece scene d’orrore. Da leggere a voce alta:
Chiama gli abitator de l'ombre eterne
il rauco suon de la tartarea tromba.
Treman le spaziose atre caverne,
e l'aer cieco a quel romor rimbomba;
né sí stridendo mai da le superne
regioni del cielo il folgor piomba,
né sí scossa giamai trema la terra
quando i vapori in sen gravida serra.

Angeli che annunciano la fine dei tempi.
Particolare del Giudizio Universale di Michelangelo
In questo caso abbiamo la ripetizione ossessiva (meglio forse dire martellante? ;-), delle lettere “t” e “r”, che suonano appunto come il tuonar della tromba, e le tre rime in “-omba”, sottolineano proprio il rimbombo amplificato, come esplosioni di mortali ordigni, granate detonanti e bombe devastanti. 8-0

Non posso fare a meno di notare come la singola parola “tromba” contenga essa stessa i tre elementi fondamentali qui utilizzati dal Tasso, la “t” la “r” e l’“omba”.

Il paraverbale nella scrittura non finisce certamente qui, riguarda ad esempio anche l’utilizzo sapiente della lunghezza delle parole e del periodo: lo vedremo nei prossimi post. A presto!

driadema@gmail.com


Licenza Creative CommonsI contenuti di questo blog sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 UnportedSe riprodotti altrove, la loro paternità deve essere attribuita specificando il titolo di questo blog e inserendo un link alla sua home page o al post originale.

Scrivi qui sotto i tuoi commenti:

domenica 17 febbraio 2013

CITAME, CITAME MUCHO ...

Il problema delle citazioni riportate sui blog è che 
è molto difficile verificarne l'autenticità. 
(William Shakespeare)




Milton Erickson stesso conclude la prefazione del libro “I modelli della tecnica ipnotica di Milton Erickson” (Astrolabio), di Richard Bandler e John Grinder, con queste parole: 
“Scrivere la prefazione a questo libro è stato un piacere e un privilegio. Lo dico non perché esso riguardi le mie tecniche ipnotiche, ma perché da troppo tempo ormai si avverte l’esigenza di riconoscere che una comunicazione densa di significato va sostituita alle verbosità ripetitive, ai suggerimenti diretti e ai comandi autoritari.”

Ricordo anche un trainer spiegare durante un corso che  se si chiede a qualcuno di fare qualcosa con un comando diretto spessa la persona può offrire resistenza ed opporsi al comando stesso, una funzione normale della psicologia umana, mentre Milton Erickson utilizzava perlopiù metodi indiretti di comunicazione, proprio per evitare questa resistenza, come ad esempio le citazioni, ovvero dire qualcosa attraverso le parole di qualcun altro.

Così chi ha imparato i modelli ipnotici di Milton potrebbe cominciare ad esempio una frase in questo modo: “L’altro giorno ho incontrato un amico che stava attraversando un momento difficile e quando gli ho chiesto come stesse mi ha risposto: Sai, ho scoperto che posso sentirmi bene ogni volta che voglio, senza nessuna ragione specifica. Dipende solo da me.”
In questo modo riusciamo a suggerire alcune possibilità all’altra persona (puoi sentirti bene) mantenendo il rapport con lei grazie alla morbidezza e non intrusività della comunicazione indiretta.


Anche gli scrittori usano tecniche simili come ad esempio Nabokov in Ada o ardore (Traduzione: Margherita Crepax):


“Tutte le famiglie felici sono più o meno diversetra loro; le famiglie infelici sono tutte più o meno uguali” dice un grande scrittore russo al principio di un famoso romanzo (“Anna Arkadievitch Karenina”, trasfigurato in inglese da R. G. Stonelower, Mount Tabor Ltd., 1880).
Vera e Vladimir Nabokov giocano a scacchi.

In questo modo Nabokov può indurre il lettore a riflettere su come sono le famiglie infelici in modo che il lettore accetti più facilmente la frase d'esordio del romanzo.

Un altro esempio lo troviamo in Come Dio Comanda (Premio Strega nel 2007) di Ammaniti dove ad un certo punto
egli scrive :

Era un piano semplice.
«E la semplicità è la base di ogni cosa fatta come si
deve» gli diceva sempre suo padre.
Nicolò Ammaniti
Notate come in questo modo noi lettori siamo indotti a considerare più facilmente la frase posta tra virgolette (in questo caso una convinzione), senza opporre resistenza perché Ammaniti non ce la propone direttamente ma la fa dire da un personaggio, e in più il personaggio cita il proprio padre. Doppiamente indiretta, doppiamente efficace.

Dichiarando una nostra convinzione potrebbe succedere che questa non sia condivisa da altri e così facendo rischiamo di allontanarci da chi ci sta leggendo.  Allora ecco che gli scrittori s’inventano modi per farci arrivare comunque il messaggio in altro modo. Elizabeth Rowling in Harry Potter e la pietra Filosofale (traduzione di Marina Astrologo, Salani Editore), sceglie nientemeno che Abus Silente per dire:
“Esistono molti tipi di coraggio. Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici.”
Abus Silente


Un’altra forma di comunicazione indiretta utilizzata dagli scrittori, molto vicina a quella della citazione, è il meccanismo narrativo del “manoscritto ritrovato” spesso usato dagli scrittori di romanzi come ad esempio, da Cervantes nel Don Chisciotte.
Don Chisciotte e Ronzinante, di Honoré Daumier
Cervantes si inventa la figura dello storico Cide Hamete Benengeli, di cui Cervantes dichiara di aver ritrovato e tradotto il manoscritto in arabo nel quale sono raccontate le vicende di Don Chisciotte.
Con questo artificio il narratore asserisce di non essere lui l’autore della storia raccontata, ma di averla ritrovata in un testo di un'altro scrittore e quindi, appunto, di citarla semplicemente.


Non è necessario che la citazione o il manoscritto siano falsi, possono anche essere cose assolutamente reali e accadute veramente, quindi citazioni di amici, nonni, genitori, libri, film e così via. Quello che conta è cominciare a considerare l’efficacia della comunicazione indiretta.  

Anche Walter Scott finse di aver trovato notizia in antichi documenti scozzesi delle gesta che racconterà in IvanhoeAlessandro Manzoni ricorse anch’egli al manoscritto ritrovato, scrivendo nell’Introduzione ai Promessi Sposi di aver trascritto la storia dei due “promessi” dallo “scartafaccio” di un cronista del Seicento.

In tempi più recenti Umberto Eco comincia così
“Il Nome della Rosa”:

Naturalmente, un manoscritto

Il 16 agosto 1968 mi fu messo tra le mani un libro dovuto alla penna di tale abate Vallet, Le manuscript de Dom Adson de Melk, traduit en français d'après l'édition de Dom J. Mabillon (Aux Presses de l'Abbaye de la Source, Paris, 1842). Il libro, corredato da indicazioni storiche invero assai povere, asseriva di riprodurre fedelmente un manoscritto del XIV secolo, a sua volta trovato nel monastero di Melk dal grande erudito secentesco, a cui tanto si deve per la storia dell'ordine benedettino.
La chiave degli esempi presentati non è tanto quella dello stratagemma o dell’espediente narrativo, ma piuttosto il trovare un mezzo per riuscire a comunicare indirettamente in quanto la modalità di comunicazione indiretta risulta essere più efficace.

E nel cinema?


Si diceva che il film The Blair Witch Project fosse stato realizzato montando le scene spaventose registrate su una cassetta di una telecamera amatoriale ritrovata per caso in seguito alla scomparsa misteriosa di tre ragazzi.
L'inquadratura sul volto di Heather, una dei protagonisti

Oppure il film Cloverfield  come giustamente dice wikipedia “si apre con il marchio "Proprietà del Governo degli Stati Uniti" sullo schermo, ad indicare che gli spettatori stanno osservando una memory card del video del caso "Cloverfield" (campo di trifogli), trovato in un'area precedentemente nota come "Central Park". Le riprese seguenti costituiscono il resto del film, tutte fatte tramite il punto di vista di una videocamera amatoriale portata a mano.”

In entrambi i casi il manoscritto viene sostituito dalla "telecamera ritrovata" mantenendo fermo il principio.

Notiamo quindi un livello di sottigliezza ulteriore e cioè come il mezzo scelto per la citazione possa ricalcare anche la modalità di comunicazione stessa: se sto parlando a qualcuno racconto di una cosa che mi è stata detta, se sto scrivendo ritrovo un manoscritto, o una lettera, o un libro, e lo trascrivo; se faccio un film ritrovo una telecamera amatoriale con scene interessanti.

Il prossimo passo sarà quello di un blogger che scriverà di aver scovato un fantastico blog che racconta storie incredibili :-)

driadema@gmail.com


Licenza Creative CommonsI contenuti di questo blog sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 UnportedSe riprodotti altrove, la loro paternità deve essere attribuita specificando il titolo di questo blog e inserendo un link alla sua home page o al post originale.

Scrivi qui sotto i tuoi commenti:

domenica 10 febbraio 2013

LA CRIPTA DEI CAPPUCCINI

“Il segreto del canto risiede tra 
la vibrazione della voce di chi canta 
ed il battito del cuore di chi ascolta.”


Quando non riusciamo a sentire bene qualcuno che parla in televisione prendiamo il telecomando e alziamo il volume, anche se ho il sospetto che molti ultimamente preferiscano piuttosto abbassarlo il volume e ascoltare un po’ meno della scarsa qualità di pensiero che ci viene  propinata in televisione. 

Il volume è naturalmente una caratteristica specifica dei suoni e in PNL chiamiamo sottomodalità queste distinzioni dettagliate relative a una modalità sensoriale o rappresentazionale come la vista, l’udito, il tatto o le sensazioni, l’olfatto e il gusto. Altre tipiche sottomodalità auditive sono ad esempio il timbro di un suono o di una voce, la direzione di provenienza di un suono, la distanza del suono stesso, la velocità di una successione di parole come ad esempio qualcuno che parla più in fretta o qualcun altro che discorre più lentamente. E così via.

La Cripta dei Cappuccini a Vienna
Questo post è dedicato all’uso nella scrittura delle sottomodalità auditive e in particolare a quelle relative alla voce umana. Prenderò tutti gli esempi di questo post da un unico romanzo di Joseph Roth, La Cripta dei Cappuccini (Edizioni Adelphi, Traduzione di Laura Terreni) per dimostrare quanto può essere ricca la caratterizzazione della voce umana anche in un solo romanzo di un grande scrittore.

E cominciamo con un primo esempio” a pag. 26:

Aveva una voce profonda e morbida. (io non posso soffrire le voci femminile acute e stridule). Il suo parlare mi ricordava una sorta di smorzato tubare, contenuto, casto e nondimeno torrido, un mormorare di fonti sotterranee, il loro rullare di treni lontani, che talvolta si sente nelle notti insonni, e la più banale delle sue parole acquistava per me, grazie a questa profondità del timbro col quale veniva pronunciata, la pienezza.
La cosa che qui è più evidente è l’uso di metafore e similitudini, schemi utilizzati costantemente anche dalla PNL e da Milton Erickson. Sapendo che la mente umana è in grado di generalizzare e quindi di prendere quello che c’è in comune tra tre diverse esperienze della realtà (smorzato tubare, mormorare di fonti sotterranee, rullare di treni lontani) e applicare alla voce dell’uomo ciò che vi è di comune alle tre esperienze sonore facendola risultare “profonda e morbida”. Notiamo inoltre per la prima volta un fatto all’inizio sorprendente e poi invece del tutto naturale: la pienezza della parola non viene comunicata dall’importanza o spessore della parola stessa, ma dal timbro della voce, cioè dalla sua qualità sonora, dalla sottomodalità utilizzata. Wow! Un mio vecchio amico tedesco mi diceva sempre: “E’ il tono che fa la musica!”

Continuiamo con un esempio di attenzione alle variazione del volume (il volume è una sottomodalità auditiva) della voce umana a pagina 35:

E quando nel corridoio con voce minacciosamente bassa diceva all’usciere: Mi annunci al consigliere!, era raro che gli si chiedesse il nome e, se nondimeno accadeva, egli ripeteva con voce possibilmente ancor più passa: Mi annunci subito, prego! La parola “prego!”, comunque, suonava già più forte.
I cambiamenti di volume possano causare cambiamenti alle nostre sensazioni in modo potentissimo: avete anche voi teso l’orecchio alla voce ancor più bassa e poi vi è aumentato il battito del cuore al “prego!” con volume più alto? Vero?

Se invece pensiamo a un modello di Milton unito alle sottomodalità della voce umana, troviamo a pagina 83 una bellissima violazione della restrizione selettiva, ovvero un esempio di quando si danno possibilità di azione, o attributi umani, ad una certa cosa che in realtà le sono impossibili. In questo brani le parole assumono caratteristiche fisiche, non solamente quelle sonore, come sarebbe normale, ma anche solide:  

Ma non era la voce sonora, profonda di Stellmacher che io conoscevo da anni – e anche il suo motteggio era forzato. Mai prima d’ora era uscita dalla bocca di Stellmacher una parola frivola. Si sarebbe impigliata nei folti e lucidi cespugli dei mustacchi tinti di nero perdervisi senza suono.
Leggendo l’intero romanzo di capisce come Joseph Roth sia molto attento ai sensi, non solo al suono della voce, e riconosca anche una priorità di potenza alle modalità rappresentazionali stesse. Ad esempio nota a pagina 136 come quando un senso è disturbato o fortemente impegnato anche gli altri possano non funzionare correttamente, specialmente se il senso affetto è uno di quelli più primitivi e ancestrali, come l’olfatto.
Il caffè puzzava di acetilene, vale a dire di cipolle marce e di cadaveri. Non c’era luce elettrica. … Mi riesce estremamente difficile raccogliere le idee se ci sono odori penetranti L’odore è più potente del rumore.
Come prima cosa lo scrittore sa sempre tornare alla neurologia reale dell’essere umano, al di là dell’astrazione delle parole, e utilizzare ciò che noi lettori possiamo effettivamente tradurre in rappresentazioni interne attraverso la nostra esperienza del mondo. Quando abbiamo letto “acetilene”, la maggior parte di noi avrà intuito che non si trattava niente di buono, ma quando poi usa le modalità sensoriali ed esempi più concreti come “cipolle marce e cadaveri” sono sicuro che molti di noi abbiano storto la bocca in segno di disgusto: “che schifo!”. 
 

Già in precedenza abbiamo notato un’altra cosa importante, e cioè l’effetto di come alcune sottomodalità permettano al contenuto di essere valorizzato o meno. A pagina 57 leggiamo:
Parlava con quella voce gutturale di certi prussiani che sembra uscire più da un camino che da una gola, e che rende vacuo anche ciò che di significativo essi talvolta esprimono.
Questo è un messaggio importantissimo dal punto di vista neurologico e di comunicazione: il tipo di voce che usi influenza la “vacuità” di un messaggio. Le modalità  e le sottomodalità sono più importanti del contenuto: forse il più importante caposaldo della PNL. Joseph Roth dimostra ancora una volta come i grandi scrittori sembrano avere un’innata capacità di comprendere a fondo le basi della PNL.

Concludiamo con un ultimo esempio a pagina 158 che contiene molti altri elementi, come ad esempio schemi di Milton, già incontrati in altri post, e altre tecniche che discuteremo in futuro, rimanendo per ora sulle sottomodalità auditive e sulle caratteristiche della voce umana, di come poterle rendere nella scrittura e di come utilizzarle per rendere il testo più dinamico (ad esempio con gli aumenti di volume). Lascio a voi scoprire tutto ciò che questo elegantissimo brano contiene:

Mi abituai alle sue maniere imprevedibili (mi facevano trasalire sempre meno), al suono della sua voce, che era sempre di due, tre tonalità più alto di quanto non richiedesse l’ampiezza dell’ambiente in cui stava parlando. Era come se non sapesse affatto che esistono ambienti più piccoli e più grandi, una stanza, per esempio, e l’atrio di una stazione. Nel salone di mia madre parlava con quella voce precipitosa, almeno il doppio della velocità normale, con cui parecchie persone semplici usano parlare al telefono. Per la strada urlava addirittura. E siccome si serviva solo di locuzioni vuote di contenuto, la loro risonanza era ancora maggiore. Per diverso tempo mi stupii di mia madre, alla quale ogni suono più forte, ogni rumore superfluo, ogni musica di strada e perfino i concerti all’aperto, procuravano sofferenze fisiche potesse sopportare e addirittura trovare charmant la voce di von Stettenheim.  Solo un paio di mesi più tardi, per un caso, potei conoscere la causa di tanta indulgenza. [...]
«Sicuro, credo che sia morto due anni fa. Ma a dir poco aveva già ottant'anni!». «Dunque è morto!» ripetei – e così seppi che mia madre era quasi sorda.

Joseph Roth
Quante cose avete trovato? Al di là delle considerazioni linguistiche mi piace rilevare come l’autore ponga l’attenzione su un altro fattore fondamentale della PNL: l’acutezza sensoriale e il saper rilevare e utilizzare il feedback durante la comunicazione. Quando parla di von Steetenheim è chiaro come egli non rilevi l’ambiente in cui si trova e quindi non adegui la sua voce alle circostanze, mentre invece lo scrittore si accorge che la madre ha cambiato le reazioni e così è pronto quando arriva il segnale successivo a capire che lei è sorda.

 

E voi di quante cose vi accorgete e a quante cose riuscite a stare attenti? 

driadema@gmail.com


Licenza Creative CommonsI contenuti di questo blog sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 UnportedSe riprodotti altrove, la loro paternità deve essere attribuita specificando il titolo di questo blog e inserendo un link alla sua home page o al post originale.

Scrivi qui sotto i tuoi commenti:

TU CHIAMALE SE VUOI ...

“Il tatto viene prima della vista, prima delle parole.
E’ il primo linguaggio e anche l’ultimo, 
e dice sempre la verità”

 Margaret Atwood, L’assassino cieco



Il cosiddetto ricalco sul futuro della canzone Estate dei Negramaro con il suo utilizzo elegante delle modalità sensoriali ci porta a considerare l’importanza di scrivere esprimendoci in tutti cinque sensi specialmente i tre principali come la vista, l’udito e le sensazioni corporee. Credo che questo sia sottolineata in tutti i manuali di scrittura ed è talmente facile da verificare che è una delle cose che si nota più facilmente e di cui si parla spesso da parte di chi pratica PNL. Possiamo andare oltre? Un esempio meraviglioso e frequentemente citato è dato dal testo di Emozioni  di Mogol per la canzone composta e cantata da Lucio Battisti.
Mogol (a destra) con Lucio Battisti negli anni settanta
A scopo di analisi segniamo con V i predicati visivi con A quelli auditivi e con K quelli cenestesici (cioè il tatto, le sensazioni corporee e - ma guarda un po’ - le emozioni).
Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi ritrovarsi a volare (V>K)

e sdraiarsi felice sopra l'erba ad ascoltare un sottile dispiacere (K-A>K)

E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire dove il sole va a dormire (V>K)

Domandarsi perché quando cade la tristezza in fondo al cuore come la neve non fa rumore (K>A)

e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi e tanto difficile morire (K-V>K)

E stringere le mani per fermare qualcosa che è dentro me ma nella mente tua non c'e' (K>K)

Capire tu non puoi tu chiamale se vuoi emozioni (A-K)

La prima cosa che salta all’occhio e all’orecchio è come Mogol utilizzi tutti e tre i sistemi rappresentazionali principali e quindi in questo modo “prende tutti” ovvero ha una forte possibilità di ricalcare le preferenze percettive di ciascuno di noi e allo stesso tempo offre un’esperienza completa che colpisce tutti i sensi. C’è qualcosa in più. Tranne un’eccezione, e se c’è un’eccezione ci sarà un perché, tutti i versi finiscono sul K, sulle sensazioni. Quindi lo schema in realtà è più raffinato di una semplice distribuzione del testo musicale su tutti i canali rappresentazionali. Funziona piuttosto come una serie di espressioni che cominciano con uno dei tre sensi principali - visivo, auditivo e cenestesico - per concludere la frase sempre in guida verso una sensazione corporea o un emozione che così preparata arriva come un pugno sotto la cintura! E ancora di più, l’unico verso che non finisce sul K è quello che prepara l’emozione più forte. Terminando infatti quel verso diversamente da quelli che lo precedono abbiamo come una cadenza sospesa nell’ascolto del “non fa rumore” (riascoltare per credere) così che quando poi ricomincia sentiamo il botto ancora più forte il fondo al cuore.
Notiamo anche come il buon vecchio nonno Milton non ci abbandoni mai, Mogol usa qui una violazione della selezione restrittive a rovescio (la tristezza che cade come la neve, la tristezza non cade come le cose, è un sentimento dell’essere umano), gli aggettivi di commento (“sottile” dispiacere, sdraiarsi “felice”) per concludere con quel “qualcosa che è dentro me”. Qualcosa che appunto non sapremo mai cosa sia, ovviamente, e ce lo dice pure che non capiamo, al limite ci concede di dare bel nome contenitore (Altra Miltonata: ci torneremo!):  “Emozioni”, dove ciascuno ci metterà tutto quello che vuole e magari anche se non vuole. Giusto un cenno veloce a quelle che vengono chiamate sottomodalità, ovvero le distinzioni di precisione all’interno di una modalità rappresentazionale. Ad esempio un dispiacere può essere un “grosso dispiacere” oppure un “sottile dispiacere”.  Se vi dico che due cose sono separate da una “linea”, avrete una certa reazione emotiva, se le stesse due cose sono separate da una “sottile linea”, ne avrete una ancora  diversa, e se come Rudyard Kipling scrivessi «Tra la lucidità e la follia c'è solo una sottile linea rossa» correreste subito a telefonare a Sean Penn per farne un film di successo. Arricchendo il sostantivo con due aggetti che ne caratterizzano le distinzioni sottomodali ne potenzio l’effetto emotivo. Non riesco a resistere dal notare anche una bella sinestesia cioè la sovrapposizione di due sensi come “ascoltare un dispiacere”: vedete cosa vi sto dicendo?
Insomma, Mogol eccelle nei suoi testi sia nell’uso dei sistemi rappresentazionali, in modo molto dettagliato, che nell’uso del Milton Model per esprimere sentimenti universali e che interessano tutti. Chi sarà stato il primo? Mogol o c’è qualche poeta del passato che magari ci ha provato prima di lui?
Giacomo Leopardi
Vediamo l’eccelso Giacomo Leopardi nel suo canto più famoso come ci ipnotizzi grazie all’uso sapiente di miltonate, predicati sensoriali e con lo schema di far seguire alle modalità sensoriali principali sempre un bel K cenestesico e emozionale.

L'INFINITOMilton Model e
sistemi rappresentazionali

«Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:

e il naufragar m'è dolce in questo mare»
(Giacomo Leopardi)
Sempre: avverbio di tempo
Colle, siepe: ricalco di situazione
ordinaria
V
K-V
A-A; profondissima, aggettivo di
commento
K
A
A
(K)
morte stagioni (Violazione della
 Selezione restrittiva); A
K;  annega il pensiero: Violazione
della Selezione Restrittiva
Sinestesia finale K/G (G = gustativo)  

Ci manca solo un bel predicato olfattivo che troviamo prontamente nello stesso Mogol in molte canzoni. Un esempio per tutti in “Fiori Rosa, Fiori di Pesco” (e già il predicato sensoriale è preparato dal profumo dei fiori): “Nei tuoi occhi innocenti posso ancora ritrovare il profumo di un amore puro”. Rimaniamo attoniti anche da miltonate e sinestesie olfattive/censtesiche oltre i confini del mondo conosciuto: che profumo ha l’amore? Il tuo, caro lettore? ;-) E come lo si trova negli occhi?

Anche nei romanzi si possono utilizzare gli stessi schemi. Ammaniti in “Io non ho paura” già comincia mettendo nel titolo un’altro schema di Milton: la negazione. Milton usava la negazione per suggerire esattamente il contrario “non ti chiedo di rilassarti ora” ci porta immediatamente a pensare al rilassamento, “non sarò io a dirti quanto è importante seguire una dieta salutare” e intanto te l’ha appena detto. Se dunque scrivo che non ho paura qual’è l’ovvio presupposto? Che c’è qualcosa di cui aver paura e quindi già mi chiedo: di cosa dovrei aver paura? E ci penso. Ammaniti comincia così il romanzo:

“Stavo per superare (K) Salvatore quando ho sentito mia sorella che urlava (A). Mi sono girato (K) e l'ho vista (V) sparire inghiottita (K) dal grano che copriva la collina.”

Notate come anche qui la frase finisca sul K, utilizzi la violazione della selezione restrittiva (le colline non inghiottono, ma gli esseri umani e gli animali feroci sì, per esempio). E infatti in questo modo da fuoriclasse anticipa neurologicamente la frase a pagina 16: “Magari sulla collina viveva un animale strano!” 

Se siete come me avete inghiottito un po’ di saliva quando avete letto la parola "inghiottita" nella frase di prima, e inghiottire è una delle funzioni più ataviche e inconsce che ci siano, e ditemi un po’: se non state mangiando quand’è che inghiottite? 

Per caso quando state cominciando a non avere paura?

driadema@gmail.com


Licenza Creative CommonsI contenuti di questo blog sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 UnportedSe riprodotti altrove, la loro paternità deve essere attribuita specificando il titolo di questo blog e inserendo un link alla sua home page o al post originale.

Scrivi qui sotto i tuoi commenti:

domenica 3 febbraio 2013

STRAMILTONATA MEGAGALATTICA!!!


Quando suono, entro velocemente
in un stato di leggera trance ipnotica
e scrivo mentre suono, prendendo idee
direttamente dalle emozioni che provo.

 John Fahey


Rudolf Wiegmann, 1834
San Pietro e Castel Sant'Angelo
Ora che sappiamo come i cantanti ci ipnotizzino per tutto il tempo possiamo verificare se per caso anche i grandi scrittori usano stratagemmi simili. Partiamo da una, assolutamente tipica, violazione della selezione restrittiva, ovvero cose o concetti astratti a cui si attribuiscono caratteristiche umane, ne Il Piacere di Gabriele D’Annunzio: “L'anno moriva, assai dolcemente. Il sole di San Silvestro spandeva non so che tepor velato, mollissimo, aureo, quasi primaverile, nel ciel di Roma.”
Ovviamente l'anno non muore, magari finisce. Siccome la fine di una persona può essere la morte, ecco che anche l’anno può morire, così come Giacomo Leopardi rivolgendosi al passero solitario può dire “Cantando vai finché non muore il giorno” e così come possiamo guardare la passione che non muore, ma cambia colore in Cade la pioggia dei Negramaro con Jovanotti.

Alberto Moravia
Alberto Moravia esordisce così in Agostino: “Nei primi giorni d'estate, Agostino e sua madre uscivano tutte le mattine sul mare in pattino. Le prime volte, la madre aveva fatto venire anche un marinaio, ma Agostino aveva mostrato per così chiari segni che la presenza dell'uomo l'annoiava, che da allora i remi furono affidati a lui. Che “chiari segni” avete immaginato voi? I Segni talmente chiari che preferisce non dire quali siano, così ciascuno immagini i propri e saranno per forza un ricalco perfetto visto che ci li abbiamo messi noi: più chiaro di così!

Henry James  in Ritratto di signora (Traduzione: Carlo e Silvia Linati) scrive “Sotto certi aspetti si sono nella vita poche ore più piacevoli di quelle dedicate alla cerimonia del tè del pomeriggio. Vi sono circostanze in cui, sia che si prenda il tè o no - c'è della gente che non ne vuol sapere - quel momento è in sé delizioso.”

Notiamo qui ancora l’uso di espressioni come “certi aspetti”, “vi sono circostanze”, senza che l’autore ci dica precisamente a quali aspetti e nemmeno a quali circostanze si riferisca in modo che il lettore trovi qualcosa nella propria esperienza che può adattarsi a ciò che lo scrittore scrive. In più notiamo l’uso del cosiddetto doppio legame, un’altro schema geniale di Milton, che egli utilizzava per esempio per dire cose come “non so se preferisci andare in trance adesso che hai iniziato a leggere questo post oppure tra poco quando ti ci addentrerai con sempre maggior attenzione e coinvolgimento” con il presupposto che il lettore vada in trance in ogni caso. Nel caso di Henry James il doppio legame è la suggestione che il momento sia comunque delizioso “sia che si prenda il tè o no".

Il doppio legame, ma già l'avevate sospettato, è usato molto anche nelle canzoni, un esempio per tutti “With or Without You”, degli U2:  “posso vivere con te o senza di te”.

E il verbo “potere” ci porta in un altro schema caro a Milton (e notiamo così come gli U2 usino due schemi di Milton in solo 8 parole) utilizzato per dare nuove possibilità a che andata da lui perché bloccato da qualche problema nella vita, quello degli Operatori di Possibilità, utilizzato in politicà nel “Yes, we can!”, il Sì, possiamo! di Barack Obama, altro grande comunicatore ipnotico (ma che caso strano!) oppure se preferite l'aspetto comico anche nel cinema dal Dottor Frankestein (pronunciato Frankestìn) in Frankstein Junior che urla Si può fare!”.
La Pizia e la trance nei suoi oracoli

Milton utilizzava gli operatori di possibilità nella trance ad esempio avrebbe potuto dire frasi come “puoi cominciare  rilassarti” oppure io stesso uso spesso frasi del tipo “ogni volta che ti senti in una situazione difficile è possibile che tu ti senta scoraggiato e questo è il segno che la tua mente si è resa conto di trovarsi di fronte ad un momento molto importante ... e sta cominciando a considerare di potersi prendere una pausa ... e mentre pensi alle nuove possibilità che ti può dare il semplice fermarti a riflettere ...” e così via. E’ una possibilità, non è un ordine e quindi lascia aperta appunto la possibilità di pensare, sentire o fare diversamente: il ricalco è assicurato.

Alzi la mano chi scommette che Vasco e Liga usano anche questo schema a profusione? Scommessa vinta!

Vasco in “Buoni o cattivi” usa in molte espressioni come:

Si può spegnere ogni tanto il pensiero ...
sembra che non sia possibile dimenticarsi di sè ...
si può spegnere ogni tanto il cervello ...
si può far finta che non ci sia niente ...
sembra che non sia possibile dimenticarsi di sè

e ancora Ligabue in Certe Notti: "E si può restare soli, certe notti qui", oppure in Voglio volere: "voglio godermela tutta fin quando si può", e in Happy hour: "si può però morire vivendo sempre e solo per sentito dire - si può però morire per la fame che non hai".  

Screenshot del video di "Estate" dei Negramaro
E avendo nominato i Negramaro all’inizio del post perché non citare un'altra miltonata sopraffina? Quel gran genio di Milton sapeva cosa fare e aveva capito come le persone collegano emotivamente esperienze in un rapporto di causa ed effetto anche quando le esperienze stesse non sono necessariamente collegate, e che le costruzione linguistiche che presuppongo un legame di causa ed effetto aumentano la possibilità di creare la trance e la profondità dell'ipnosi. Ad esempio Milton poteva dire durante una trance: “il fatto che il tuo respiro rallenti significa che stai incominciando una nuova avventura e questo è il segno che nuovi cambiamenti stano avvenendo dentro di te”, così come i Negramaro cantano in “Estate”: “Quando mi guardi non senti che tremo mentre canto è il segno di un'estate che vorrei potesse non finire mai” e noi siamo lasciati lì in trance nostalgica e meravigliosa.
Il verso è spaventosamente denso di tecniche di Programmazione Neurolinguistica: in 21 parole ci sono: quattro miltonate (l'avverbio di tempo “quando”, il predicato di consapevolezza “senti” nel senso di “ti accorgi”, la relazione di causa ed effetto “è il segno di”, l’operatore modale di possibilità “potesse”), inframmezzate dall’uso dei tre sistemi rappresentazionali principali: “mi guardi” (Visivo), “tremo” (Cenestesico), “canto” (Auditivo), per concludere con il “finire mai”, un meraviglioso ricalco sul futuro, altra tecnica di Milton, ovvero il sentimento che sto provando ora proiettato per il resto della vita. Mi vengono i brividi ogni volta che rileggo il verso: STRAMILTONATA MEGAGALATTICA!!! 

Approfondiremo ancora gli aspetti appena menzionati, tranquilli. E se nel frattempo cominciate a notare e ad ascoltare stramiltonate megagalattiche tutte intorno a voi potete cominciare rilassarvi: è il segno di un’espansione della percezione e della scoperta di nuovi orizzonti.


driadema@gmail.com


Licenza Creative CommonsI contenuti di questo blog sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 UnportedSe riprodotti altrove, la loro paternità deve essere attribuita specificando il titolo di questo blog e inserendo un link alla sua home page o al post originale.


Scrivi qui sotto i tuoi commenti:

A ME LE ORECCHIE, PLEASE!

Mi piace ascoltare. 
Ho imparato molte cose dall’ascoltare attentamente.
La maggior parte delle persone non ascolta mai. 

(Ernest Hemingway)

Ogni volta che ascolto una canzone di Vasco Rossi mi rendo conto di quanto sia uno dei migliori ad applicare in modo semplice e naturale una linguistica ipnotica avanzata di grande efficacia emozionale e non ci si sorprende che La Libera Università di Lingue e Comunicazione (Iulm) di Milano gli abbia conferito la laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione.  E ogni volta che Vasco inventa una canzone nuova mi viene in mente come le applicazioni linguistiche non conoscano limiti. E torniamo al grande ipnotista Milton Erickson  e alla sua creazione di un linguaggio aperto tale da permettere all’interlocutore di aggiungere il proprio significato negli spazi liberi e proprio per questo creare in chi lo ascoltasse la netta impressione che Milton stesse in realtà dicendo delle cose specifiche parlando proprio di lui ricalcandone perfettamente l’esperienza, come se lo conoscesse da sempre. Richard Bandler e John Grinder hanno modellato e sintetizzato questa modalità comunicativa in quello che viene chiamato Milton Model.
 

E il mitico Vasco, come ci riesce?
Vasco con Fabrizio De André e Dori Ghezzi nel 1984
Incominciamo notando come la canzone in sé si presti particolarmente all’esperienza ipnotica con il suono del basso e della batteria che creano già una base dal ritmo ipnotico e inoltre il numero di parole al minuto è inferiore a quello di una normale conversazione, così che l’ascoltatore abbia tutto il tempo di riempire con la propria esperienza ciò che il cantante sta cantando, anzi per meglio dire NON sta cantando.  Infine le molte ripetizioni e una certa attenzione al suono delle parole oltre che al loro significato rende l’ascolto di una canzona un’esperienza fortemente ipnotica.
Ho letto da qualche parte che Vasco definisce “Ogni Volta”   la sua prima vera canzone,  forse rendendosi conto dell’enorme potenziale che aveva appena sfiorato e che apriva una miniera dorata di nuove possibilità.
L’espressione “Ogni volta” fa parte di quelli che vengono chiamati Quantificatori Universali nel Milton Model e viene utilizzata in ipnosi, ad esempio dicendo frasi del tipo “ e ogni volta che respiri senti che il tuo rilassamento diventa più profondo e ti rendi conto che ogni momento è buono per cominciare ad imparare” e così via. Vasco va addirittura oltre,  usando l’espressione ripetendola continuamente e facendola seguire da un’emozione della vita quotidiana utilizzando la tecnica presentata nei post precedenti (il ricalco) e non chiudendo mai la frase: “E ogni volta che viene giorno ... ogni volta che ritorno ... ogni volta che mi sveglio ... ogni volta che mi guardo intorno ... ogni volta che non è importante ...  ogni volta che non me ne accorgo”,  praticamente ognuno di noi è in grado di pensare a un esperienza corrispondente a queste frasi e molti pensano, e me lo dicono : “Eh, Vasco capisce proprio l’animo umano”.
E ogni volta che ci penso mi viene in mente come Luciano Ligabue utilizzi tecniche ipnotiche notevoli rendendo certe suoi canzoni memorabili.

Foto di Giada Cerullo / CC-BY-SA 3.0

Certe notti la macchina è calda”,  così come il “Qualcuno che si preoccupa per me” di Vasco sono espressioni linguistiche che lasciano aperta diverse possibilità, così che ciascuno scelga quella corrispondente alla propria esperienza rendendo il ricalco inevitabile. Facciamo esempio al contrario, se io cantassi “Ogni volta che mia moglie si preoccupa per me” ci potrebbe essere qualcuno che resiste la frase - e scommetto che qualcuno di voi l’ha appena fatto - pensando: “Ma che sta dicendo! Mia moglie non si preoccupa minimamente per me!”, oppure non siete sposati e quindi la frase non si applicherebbe a voi. Invece i grandi comunicatori sono coscienti che “qualcuno che fa certe cose da qualche parte, c’è sempre” e lo usano spesso e volentieri. E così “Certe volte” o “Certe notti” si può pensare o fare moltissime cose. 

Infatti, sia Vasco che Liga usano altre espressioni come “C’è chi ...” o “C’è qualcosa ... o qualcuno” , altre espressioni praticamente spalancate perché “C’è chi” seguito un verbo qualunque vale in un numero talmente alto di casi che prende tutti. E così Vasco canta “C’è qualcosa che non va in questo cielo” o “C’è qualcuno che non sa più cos’è un uomo” in “C’è chi dice no!”,  e Ligabue “Al primo autogrill c'è chi festeggerà.” (ancora in Certe Notti, miniera di Miltonate come vedremo in seguito) e ognuno di noi è in grado di pensare a qualcuno nella propria vita che dice no o a qualcuno che festeggia. Ieri sera, che combinazione, un mio grande amico con cui condivido molte passioni mi fa ascoltare al telefono e mi commenta alcune canzoni e sul verso di Eros Ramazzotti “Certi amori regalano un'emozione per sempre” mi dice: “questo è proprio vero!”. Funziona. E poi continua con Hotel California e pone l’attenzione sul verso “alcuni danzano per ricordare, altri per dimenticare”Fantastico, super fantastico! 


Ligabue prosegue con qualche chicca notevole come quella che nel modello di Milton si definisce “Violazione della selezione restrittiva” ovvero quando si attribuiscono prerogative umane a oggetti e cose. “La macchina è calda e dove ti porta lo decide lei”, la macchina non possiede ovviamente la capacità di decidere, che è una funzione mentale umana, così come nel verso “La radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei” si attribuisce alla radio (oggetto inanimato) la capacità di capire le persone.

Come ampiamente dimostrato da Milton l’uso di questi accorgimenti verbali trasmette all’ascoltatore la sensazione di essere in relazione con chi parla dando l’illusione che chi scrive o canta stia parlando proprio di noi, che sia come noi, In più nell’azione stessa di dare un significato a quelle frasi, chiamata in ipnosi ricerca transderivazionale, cioè la ricerca dentro di noi delle parti mancanti per completarle, il cervello entra in un stato particolare e l’effetto che si produce è la trance e quindi l’alta suggestionabilità ai messaggi emotivi che vengono inviati. 


Non è forse un caso che Fabrizio De André dopo lo show (Ligabue a San Siro, live 1997, nda) rivela: "Mai visto un musicista comunicare col pubblico come sa fare Luciano".

Chiudo questo post con un’altra miltonata raffinata da parte del Liga: “Certe notti se sei fortunato bussi alla porta di chi è come te”. Bellissimo, non dice infatti nei dettagli come sei tu, dice solo “chi è come te”, quindi ovviamente si applica a tutti, senza eccezioni. E in più utilizza i cosiddetti Aggettivi e avverbi di commento, utilizzati da Milton, come fortunato, felice, profondamente, ad
esempio in una frase del tipo e “mentre ti rilassi profondamente ti senti felice e ti rendi conto di quanto tu sia fortunato perché ti hanno regalato un sogno …” ;-)
 

E se la radio sembra aver capito chi siamo possiamo immaginare che l’abbiano ben capito i maestri della canzone e i grandi scrittori, come vedremo nei prossimi post, e noi siamo così fortunati che anche loro, così bravi e famosi, siano proprio come noi! :-)

driadema@gmail.com


Licenza Creative CommonsI contenuti di questo blog sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 UnportedSe riprodotti altrove, la loro paternità deve essere attribuita specificando il titolo di questo blog e inserendo un link alla sua home page o al post originale.


Scrivi qui sotto i tuoi commenti: