sabato 23 febbraio 2013

SI DIA FIATO ALLE TROMBE!!!

“Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.”
(Eugenio Montale, da Non Chiederci La Parola)


  La poesia di Montale a Leida (Olanda) 
(Non chiederci, Oude Rijn, angolo Pelikaanstraat).
In PNL ricordiamo spesso che un’esperienza vividamente immaginata può avere lo stesso effetto emotivo di un’esperienza realmente vissuta.
Gli scrittori si sono resi  conto di questo fenomeno spontaneamente, e non so perché non avevamo dubbi, e come molti esperti stanno confermando (ad esempio Brian Pasley dell'Università della California, a Berkeley) l'attività cerebrale che si genera in risposta a una frase ascoltata sia simile a quella che si genera quando semplicemente pensiamo a quella stessa frase o la leggiamo. Siccome è il suono che attiva i neuroni sensoriali, quanto più “suono” riusciamo a mettere nella nostra scrittura tanto più il lettore ne sarà coinvolto. Come realizzare tutto questo nella scrittura visto che i nostri lettori leggeranno le parole scritte, ma non le ascolteranno direttamente?

Quindi la sfida può essere convertita nel riuscire ad usare efficacemente le parole oltre che per il loro significato anche per il loro valore sonoro cosìche quando vengano lette interiormente esprimano una componente aggiuntiva che sostenga emotivamente il significato del nostro messaggio e renda l'esperienza del lettore più vivida e realistica.

Prima di continuare leggete ad alta voce questo immortale sonetto di Ugo Foscolo:
Alla sera

Forse perché della fatal quiete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.


Fabre: Ritratto di Ugo Foscolo, 1813
Dal punto di vista sonoro la poesia comincia con la dolcezza dei primi versi resa dall’uso di vocali dolci come la “e” e la “i”, ulteriormente addolcita dall’uso delle due vocali in dittonghi come “quiete, vieni, liete” e l’impiego della consonante liquida “elle”.
Poi prosegue suggerendo con le consonanti spiranti e sibilianti come la “esse”, la “zeta” e la “effe”, il soffio del vento “estive e i zeffiri sereni” fino a contrapporsi al rumoroso ruggito degli ultimi versi caratterizzati dalla presenza della consonante vibrante “erre”.
In particolare l’ultimo verso “quello spirto guerrier che entro mi rugge” che proprio grazie alla presenza dei tante erre risulta un verso fortemente aggressivo e molto più efficace nell’esprimere l’emotività del poeta.

Rileggete adesso il sonetto del Foscolo avendo in mente questi suoni e rileggete anche la citazione d’apertura e come la “storta sillaba e secca” venga comunicata sia con il significato delle parole che con la sonorità delle stesse.
Conoscendo molto bene la vibrazione della lettera “r” Torquato Tasso la usa ne La Gerusalemme Liberata canto IV, 3 per descrivere invece scene d’orrore. Da leggere a voce alta:
Chiama gli abitator de l'ombre eterne
il rauco suon de la tartarea tromba.
Treman le spaziose atre caverne,
e l'aer cieco a quel romor rimbomba;
né sí stridendo mai da le superne
regioni del cielo il folgor piomba,
né sí scossa giamai trema la terra
quando i vapori in sen gravida serra.

Angeli che annunciano la fine dei tempi.
Particolare del Giudizio Universale di Michelangelo
In questo caso abbiamo la ripetizione ossessiva (meglio forse dire martellante? ;-), delle lettere “t” e “r”, che suonano appunto come il tuonar della tromba, e le tre rime in “-omba”, sottolineano proprio il rimbombo amplificato, come esplosioni di mortali ordigni, granate detonanti e bombe devastanti. 8-0

Non posso fare a meno di notare come la singola parola “tromba” contenga essa stessa i tre elementi fondamentali qui utilizzati dal Tasso, la “t” la “r” e l’“omba”.

Il paraverbale nella scrittura non finisce certamente qui, riguarda ad esempio anche l’utilizzo sapiente della lunghezza delle parole e del periodo: lo vedremo nei prossimi post. A presto!

driadema@gmail.com


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7 commenti:

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    1. Mi hai fatto tornare in mente una poesia di quando era bambina... Mi ha sempre rapito, oggi credo di sapere il perché ... :)

      "Ecco il picchio che picchia
      nel bosco nero;
      picchia e ripicchia,
      giù nel sentiero.
      Stai fermo picchio,
      gli dice un falchetto,
      se picchi ti picchio
      senza rispetto.
      Ma il picchio picchia
      senza paura.
      Si fa la nicchia
      profonda e scura?
      No, il picchio non picchia
      per farsi la nicchia,
      ma per cercare di qui, di là,
      piccoli insetti in quantità"

      :)

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    2. Accipicchia! ;-) Grazie di averla condivisa :-)

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. grade Dema.... quante cose da imparare ;-)

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  4. spero sia all'altezza del tuo stupendo Blog, ma mi viene in mente una poesia (!) ermetica che è abbastanza famosa tra i bikers, ometto la parola scurrile (tipica dell'ambiente non propriamente fine in cui viene usata la citazione): "sotto la foglia la m...a ti imbroglia!". notare l'uso ripetuto del gruppo 'gli' che suggerisce lo scivolamento della ruota sulle foglie bagnate del sottobosco (nella migliore delle ipotesi).

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  5. Grande Daniele! Eh già, il gruppo "gl" fa parte delle consonanti liquide: piove sul bagnato! :-)

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