sabato 13 dicembre 2014

ZEIGARNIK!

Per scrivere bene ci sono solo due segreti.
Il primo è quello di non scrivere tutto quello che sai.
(Adriano De Matteis,
parafrasando un altro detto famoso)


Tutte le strategie più potenti per strutturare storie efficaci derivano da alcune funzioni fondamentali della mente umana che provocano effetti del tutto particolari che gli scrittori usano da millenni, ben prima che queste funzioni venissero descritte dalla moderna psicologia.

Il Dr Kurt Zadek Lewin fu pioniere della psicologia sociale e per dimostrare il valore di mettere alla prova concreta le sue affermazioni teoriche, riuscì a diventare un maestro nel trasporre un problema quotidiano in un esperimento psicologico. Uno dei momenti più affascinanti degli esordi di Lewin fu  il modo in cui riuscì ad utilizzare un momento apparentemente banale di una sua interazione con un cameriere.
 

 Un vecchio cameriere - Ein alter Kellner
 Franco Battiato

Nel 1927 in un ristorante di Berlino Lewin e i alcuni suoi colleghi erano impegnati in una lunga discussione. Il cameriere non gli aveva ancora portato il conto e così Lewin lo chiamò per chiederne l'ammontare. Il cameriere glielo disse senza esitazione e Lewin pagò e tornò a discutere ancora per alcuni minuti finché all'improvviso, come colto da un'intuizione, Lewin chiamò nuovamente il cameriere e quando chiese nuovamente l'ammontare del conto fu sorpreso dal fatto che il cameriere non riusciva più a ricordarlo, nemmeno sforzandosi. Il conto era sparito dalla sua mente, cancellato.

Alla dott.ssa Zeigarnik venne quindi l’idea di creare un esperimento su un gruppo di partecipanti volontari per verificare se l’effetto fosse una caratteristica generale propria della mente umana e non solo specifica dei camerieri Berlinesi. La psicologa chiese ai volontari di svolgere una ventina di semplici compiti cognitivi: risolvere dei rompicapo, realizzare oggetti semplici come collanine, e cose simili. La dott.ssa Zeigarnik poi, senza spiegazioni, interrompeva alcuni di questi compiti annotando per ciascun partecipante quali compiti stessero svolgendo al momento dell'interruzione.

Successivamente Bluma chiese ai partecipanti quali, dei circa venti compiti svolti, ricordassero meglio. Che cosa scoprì secondo voi? La stragrande maggioranza dei partecipanti dimostrò di ricordare molto meglio i compiti che erano stati interrotti, rispetto ai compiti che avevano completato; esattamente come nel caso del cameriere.

E non finisce qui. Lewin aveva infatti creato un effetto valanga con un semplice cambiamento di prospettiva. Un'altra sua studentessa, Maria Oviankina, aggiunse una componente importante allo studio e cioè mostrò come non solo la mente ricordi più facilmente i compiti incompleti ma di fatto tenda a voler portare a termine il compito in modo quasi irresistibile.

In questa particolare interazione, Lewin ipotizzò quindi due fenomeni: il primo è che un azione o un progetto incompleto creino una tensione psichica che agisce come spinta a completare un compito, una specie di "ansia di completamento" e il secondo è che questa tensione psichica non si acquieti fino a che il compito non sia terminato. 



Oscar Wilde nel 1882
Anche se io preferisco ancora uno volta uno scrittore, che ovviamente ha intuito entrambi i lati di questa medaglia d'oro, Oscar Wilde: 
(1) "Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni." (Tensione da completamento) e (2) "L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervisi." (Rilascio della tensione al completamento)
Effettivamente questa forma di ansia può diventare un vero e proprio disagio ed è per questo che spesso al centro delle sessioni di coaching si lavora appunto per chiudere questi "cicli" aperti nella propria vita, come vengono chiamati in quel contesto, proprio per abbassare questa tensione e liberare energie da dedicare ad altri obiettivi più importanti.

Chiamiamo "ciclo" questo fenomeno per dare l'idea di un'attività che ha un inizio, che viene interrotta e che poi può essere ripresa successivamente e, a volte, "chiusa". Finché non viene completata (chiusa) funziona come un'interruzione, continua a ciclare, a tornare presente alla mente giorno dopo giorno, a volte più volte al giorno (sapete tutti di cosa parlo vero?) finché non la chiudiamo.

La cosa bella degli artisti è che spesso lavorano ad un altro livello, quasi al contrario, e infatti gli scrittori, i registi o gli intrattenitori usano questi cicli aperti (io li chiamo "loop" seguendo Richard Bandler) esattamente nel modo opposto al coaching: ovvero proprio per provocare e poi tenere alta la tensione, e quindi l’attenzione.

Che ne dite, interessante?



Immagine della sigla di Sentieri
Lasciare semplicemente in sospeso il racconto alla fine (chiamato in gergo Cliffhanger, con le puntate che finiscono con "to be continued ...") è un esempio di come l'effetto Zeigarnik possa essere utilizzato nelle telenovele e nelle soap opera dove il finale di un episodio di una serie viene interrotto rimandando la visione di come andrà a finire agli episodi successivi.

Questo è un modo elementare, anche se molto efficace, di usare l'effetto e il bello è che, come vedremo nei prossimi infatti, gli scrittori e i registi sanno come integrarlo nella loro arte in modi molto più raffinati grazie a due altre scoperte delle studentesse di Lewin.

Anita Karsten, infatti dimostrò come compiti semplici che venivano interrotti, venivano ripresi più facilmente se erano visti come parte di un insieme più grande e che avesse un significato per la persona. Ecco perché interrompere alcuni film e addormentarci sul divano non funziona, non significavano molto per noi e così il compito è interrotto. E lo lasciamo interrotto.
 

Quindi lo scrittore deve essere in grado prima di tutto di creare connessione con il lettore/spettatore, come abbiamo visto nei post precedenti riguardanti il ricalco,poi creare una grande onda, come la chiamano i compositori, formata da altre componenti che se interrompe lascia  il desiderio di continuare. Uno senza l'altro non funzionano e insieme funzionano solo con l'introduzione di una terza componente.

Infatti un'altro effetto che notò la Zeigarnik, di cui non si parla quasi mai, ma che è di straordinaria importanza, era che questa incompletezza impedisce che la mente si concentri su altri processi cognitivi. Questa proprietà della mente veniva utilizzata da Milton Erickson (ancora e sempre lui!) che mentre parlava al paziente cominciava diverse storie, aneddoti, ragionamenti che avevano forte rilevanza per la persona che ascoltava lasciandoli però incompleti. In questo modo, nello sforzo di tenere traccia delle informazioni incomplete, la mente cominciava a funzionare in modo diverso. Da un lato non riusciva più a concentrarsi su troppe cose contemporaneamente e nel frattempo cominciava a cercare di completare i cicli aperti con interpretazioni soggettive o di fantasia (ricerca transderivazionale). Questo processo causava il tipico stato di trance in cui la mente diventava più ricettiva ai comandi ipnotici indiretti di Milton: uno scopo che secondo me è essenzialmente lo stesso di quello dello scrittore o del regista che ci fanno girare pagina dopo pagina, o continuare a vedere un film aspettando con eccitazione la prossima scena e nel frattempo ci lasciano  immaginare possibili continuazioni che rivelano nel momento in cui siamo stati sufficientemente preparati ad ascoltare o vedere la nuova mappa del mondo che ci propongono.

Nei prossimi post vedremo alcuni esempi tratti da grandissimi romanzi e film.

State connessi

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5 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Sono "appesa" a questo blog... Io sono contenta, e tu? :-)

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  3. ok, ma quindi la mia idea di romanzo (sai ogni giorno ti viene affidato un ruolo nuovo a sorpresa....) che faccio lo cominicio?

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